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martedì 27 gennaio 2015

GIORNATA DELLA MEMORIA


Da sinistra Mimmo Dellisanti, Ugo Sacerdote, Tullio Levi, Alfredo Monaco
Raccontare storie di 70 anni fa, di ebrei deportati e gasati, di delazioni e privazioni vissute da tante famiglie, ma anche di grande solidarietà ed eroismo testimoniate da altre, significa raccontare una storia emblematica di quanto è potuto succedere a una minoranza. E deve indurci a riflettere, a meditare per comprendere i fenomeni della nostra epoca, ad essere vigili nei confronti di intolleranze e fondamentalismi di oggi. Questo in sintesi quanto è emerso ieri sera dai commoventi racconti di Tullio Levi, già presidente della Comunità Ebraica di Torino, e di Ugo Sacerdote, partigiano ebreo oggi ultranovantenne nella serata organizzata a Venaria per il Giorno della Memoria. Entrambi hanno spronato a fare del Giorno della Memoria un’occasione per rileggere sempre il passato con spirito critico e per imparare ad opporsi a qualsiasi genere di discriminazione nei confronti di altri esseri umani. Interessante anche il racconto di Antonio Nocerino, che ha conosciuto al lavoro Primo Levi e ne ha riportato lo spirito e il motto: “Perseverare, mai mollare”.


Nel mio intervento conclusivo, ho affermato la mia contentezza per aver organizzato la serata come partito (Scelta Civica) perché la politica deve prendere posizione. È stata un’ottima occasione per ascoltare e per ricordarci che dobbiamo ringraziare di essere nati in un paese civile. Ci siamo commossi ai racconti di Levi (che ha narrato della solidarietà ricevuta dalla sua famiglia da parte della famiglia Antoniono, insignita poi del riconoscimento Giusti tra le nazioni) e a quelli di Sacerdote con la sua carica emozionale. Da un incontro come questo dobbiamo trarre la volontà di informarci ed informare sempre; la storia di una famiglia ebraica deve diventare metaforicamente la storia di “una” famiglia, e quanto successo non deve accadere mai più. Purtroppo l’ignoranza, a volte pilotata, e istinti terribili degli uomini hanno portato e portano ancora talune persone o al male o anche solo all’ignavia, e come direbbe Dante: “Questi non hanno speranza di morte”. 

L'intervento di Antonio Nocerino

Il pubblico

Un omaggio per i relatori

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