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Da sinistra Mimmo Dellisanti, Ugo Sacerdote, Tullio Levi, Alfredo Monaco |
Raccontare storie di 70 anni fa, di ebrei deportati e
gasati, di delazioni e privazioni vissute da tante famiglie, ma anche di grande
solidarietà ed eroismo testimoniate da altre, significa raccontare una storia
emblematica di quanto è potuto succedere a una minoranza. E deve indurci a
riflettere, a meditare per comprendere i fenomeni della nostra epoca, ad essere
vigili nei confronti di intolleranze e fondamentalismi di oggi. Questo in
sintesi quanto è emerso ieri sera dai commoventi racconti di Tullio Levi, già
presidente della Comunità Ebraica di Torino, e di Ugo Sacerdote, partigiano
ebreo oggi ultranovantenne nella serata organizzata a Venaria per il Giorno
della Memoria. Entrambi hanno spronato a fare del Giorno della Memoria un’occasione
per rileggere sempre il passato con spirito critico e per imparare ad opporsi a
qualsiasi genere di discriminazione nei confronti di altri esseri umani. Interessante
anche il racconto di Antonio Nocerino, che ha conosciuto al lavoro Primo Levi e
ne ha riportato lo spirito e il motto: “Perseverare, mai mollare”.
Nel mio intervento conclusivo, ho affermato la mia
contentezza per aver organizzato la serata come partito (Scelta Civica) perché
la politica deve prendere posizione. È stata un’ottima occasione per ascoltare
e per ricordarci che dobbiamo ringraziare di essere nati in un paese civile. Ci
siamo commossi ai racconti di Levi (che ha narrato della solidarietà ricevuta
dalla sua famiglia da parte della famiglia Antoniono, insignita poi del
riconoscimento Giusti tra le nazioni) e a quelli di Sacerdote con la sua carica
emozionale. Da un incontro come questo dobbiamo trarre la volontà di informarci
ed informare sempre; la storia di una famiglia ebraica deve diventare
metaforicamente la storia di “una” famiglia, e quanto successo non deve
accadere mai più. Purtroppo l’ignoranza, a volte pilotata, e istinti terribili
degli uomini hanno portato e portano ancora talune persone o al male o anche
solo all’ignavia, e come direbbe Dante: “Questi non hanno speranza di morte”.
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L'intervento di Antonio Nocerino |
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Il pubblico |
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Un omaggio per i relatori |